Catalogo delle lucerne di bronzo del Museo archeologico nazionale di Napoli
Author(s) | Valenza Mele Nazarena | ||
Editor | Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato - Libreria dello Stato | Place | Roma |
Year | 1984 | Pages | 176 |
Measure | 19x26 (cm) | Illustration | 385 ill. b/n n.t. - b/w ills |
Binding | cart. edit. con sovracc. ill. colori - Hardcover with dustjacket | Conservazione | Usato ottime condizioni - used very good |
Language | Italiano - Italian text | Weight | 1600 (gr) |
ISBN | 882403019X | EAN-13 | 9788824030199 |
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(Cataloghi dei Musei e Gallerie d'Italia).
Il Museo Archeologico Nazionale è erede diretto del Real Museo Borbonico, uno dei più antichi e più grandi musei d'Europa, nato, nella seconda metà del '700, dalla volontà di Ferdinando di Borbone di unificare in questo palazzo - detto dei Regi Studi perché già sede, dal 1615, dell'Università di Napoli - i due preesistenti musei reali: quello di Capodimonte, che ospitava le collezioni d'arte e d'antichità formate nel corso di oltre due secoli dalla famiglia Farnese ed ereditate da Carlo di Borbone per via materna, e il Museo Ercolanese di Portici, dedicato agli oggetti provenienti dagli scavi di Ercolano e Pompei, iniziati rispettivamente nel 1738 e nel 1748. Il nuovo progetto museale - che prevedeva l'inserimento nella stessa sede anche di altri istituti di cultura, quali la Biblioteca Borbonica e l'Accademia di Belle Arti - fu approvato nel 1777, in pieno clima illuministico, e comportò ampi lavori di restauro e di ampliamento dell'edificio, i quali però, anche a causa delle vicende politiche del tempo, si protrassero fino alla fine del secolo, per essere poi drasticamente ridimensionati. I primi allestimenti (tra cui la quadreria, il museo delle statue e la raccolta dei vasi antichi) furono realizzati tra il 1807 e il 1815, sotto la direzione di Michele Arditi. Alla data del 1830 tutte le raccolte del Museo risultavano ormai esposte, organizzate, secondo i criteri museografici del tempo, per tipologia e classe di materiale. Numerose furono in questi anni, e poi per tutto l'Ottocento, le immissioni, spesso per acquisto, di oggetti provenienti sia da collezioni private che da scavi condotti a vario titolo nei ricchi siti archeologici della Campania e dell'Italia meridionale.
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