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Cesare Dandini

Cesare Dandini
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Artema Torino
1996 230
25x30 (cm) ill. b/n e 42 tavv. a colori n.t. - colors and b/w ills
tela ed. sovracc. ill. colori - hardcover with dustjacket Nuovo - New
Italiano - Italian text   2200 (gr)
8880520059 9788880520054
 

not available

(Cataloghi ragionati. Collana diretta da Alberto Cottimo).

Presentazione di Antonio Paolucci.

Membro di una famiglia di pittori apprese l'arte del disegno dal padre Pietro e lavorò con il fratello minore Vincenzo. Condivise con Carlo Dolci una visione della pittura da cavalletto di stampo mistico e oleografico, prova ne siano i ritratti di santi e le pale d'altare lasciate in numero considerevole per molte commissioni soprattutto in Toscana.

All'età di dodici anni fu messo dal padre nella bottega di Francesco Curradi, al tempo uno dei maggiori pittori del tardo manierismo fiorentino. Il Curradi impose il Dandini all'attenzione del Granduca Cosimo II de' Medici e a quella del ritrattista ufficiale della corte medicea Giusto Sustermans. Dopo tre anni di scuola dal Curradi, il padre lo fece entrare nella bottega di Cristofano Allori, altro importante pittore fiorentino, ma non potendo migliorare la sua pittura con l'Allori, presto si spostò nella bottega del Passignano. Questo pittore lo coinvolse, vedendo che la sua pittura era ormai matura, nella complessa decorazione del Duomo di Pisa. Lasciato anche il Passignano, Cesare Dandini divenne uno dei ritrattisti più richiesti dalla nobiltà fiorentina che l'adoperò per riempire le proprie collezioni, con ritratti su tela e su rame. Filippo Baldinucci, che scrisse la sua Vita in Notizie de' professori del disegno da Cimabue in qua, ne parla come di un giovane dalla vita inquieta, piena di svaghi, e cattive compagnie: « ...incominciò a dar bando agli studi, e poco meno al dipingere, ed in quella vece a' spendere il suo tempo ne' passatempi e nella caccia... »
In questo periodo fu anche coinvolto in un duello al coltello, con uno dei suoi compagni di baldoria, e lo uccise. Sfuggito alla cattura, si costituì con la protezione di "personaggi d'alto affare"  e fu esiliato fuori dalle mura della città. Dopo questo periodo, che finì nel 1625 circa, il Dandini si rifugiò nella pittura, soprattutto di pale d'altare sinché non morì d'asma, malattia che lo aveva accompagnato negli ultimi anni della sua vita, il 7 febbraio 1657 (per il Baldinucci invece l'8 febbraio 1658). Fra i suoi molti allievi si ricordano: Stefano della Bella, Alessandro Rosi, Antonio Giusti, Giovanni Domenico Ferrucci, Jacopo Giorgi e il fratello minore Vincenzo Dandini. (T-CA)

 
 

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