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Oro, Zaffiri e Rubini Il Reliquiario di Montalto dopo il restauro dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze

Oro, Zaffiri e Rubini Il Reliquiario di Montalto dopo il restauro dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze
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Nardini Editore Firenze
2014 48
17x24 (cm) ill. colori n.t. - colors ills
bross. ill. - paperback Nuovo - New
Italiano - Italian text   300 (gr)
8840400419 9788840400419
 

not available

Montalto, Marche, Museo Sistino Vescovile, 7 giugno – 7 settembre 2014.

La necessità di procedere ad un nuovo intervento di restauro è dovuta alla fuoriuscita di composti salini di alterazione sulla superficie metallica del reliquario. L’indagine ha dimostrato che l’alterazione è avvenuta per interazione tra la lega d’argento con l’acido formico presente nella cassa in legno che anticamente ospitava il manufatto.

Si è inoltre osservata la leggera sbollatura della doratura. Risultava infine compromessa l’adesione dello smalto al supporto in argento, anziché in oro, della parte corrispondente al prato nella scena del Compianto di Cristo. L’Opificio delle Pietre Dure ha provveduto a smontare le parti che costituiscono il Reliquiario di Montalto, al consolidamento, alla pulitura e alla protezione delle parti metalliche (eccetto nelle zone smaltate).

Il Reliquiario di Montalto, opera di sorprendente oreficeria parigina della fine del XIV secolo, è con molta probabilità riconoscibile in un cimelio appartenuto all’Oratorio della Cappellina di Carlo V de Valois, sovrano francese. Importanti collezionisti come Lionello d’Este duca di Ferrara e il Cardinale Pietro Barbo (1457) sono venuti in possesso di questa stupenda opera impreziosita di smalti en ronde bosse, perle, zaffiri e spinelli. Nello specifico il Cardinale di Venezia apportò delle sostanziali modifiche al Reliquiario inserendo una base polilobata, quattro stemmi e tre iscrizioni dedicatorie. Divenuto Pontefice con il nome di Papa Paolo II il manufatto confluì tra i tesori del Vaticano. Nel 1587 Papa Sisto V donò il Reliquiario alla città di Montalto. Nell’occasione capovolse due delle tre iscrizioni di Pietro Barbo e fece apporre la propria dedica alla “sua patria carissima”; modificò poi gli stemmi dell’antico possessore aggiungendovi i propri emblemi: la stella e tre monti. Quindi dotò il manufatto di 8 reliquie disposte in teche affiancate alla scena della Deposizione nel sepolcro. (T-CA)

 
 

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