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Pittura Senese

Pittura Senese
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24 ORE Cultura Milano
2006 472
29x34 (cm) 247 ill. colori, 132 ill. b/n - colors and b/w ills
tela ed. sovracc. ill. colori e cofanetto - hardcover dustjacket and slipcase Nuovo - New
Italiano - Italian Text   4900 (gr)
8871791231 9788871791234
 

not available

(Grandi libri d'Arte).

Un volume che ha segnato una tappa fondamentale, per la completezza e accuratezza dei contenuti, nella trattazione storica della pittura senese dalla metà del Duecento al Barocco. A distanza di anni dalla prima uscita, questa riedizione vuole offrire una rilettura e un aggiornamento bibliografico indispensabile in ambiti di studio in cui sempre più frequenti sono gli approfondimenti e le nuove acquisizioni.

Il volume si concentra innanzi tutto, sia pur brevemente, sul momento e sulle ragioni che hanno portato all'elaborazione dell'idea storiografica di una scuola pittorica senese.

La percezione di questa identità culturale attraverso i secoli trova le sue origini negli studi degli eruditi senesi del Seicento (Giulio Mancini in particolare), in polemica con l'egemonia culturale del modello vasariano. Ma è poi con l'Illuminismo, e con i primi sintomi di un risveglio dell'interesse per i 'primitivi' e di una nuova istanza classificatoria, che si individuano i caratteri di una scuola pittorica locale di antico prestigio (Guglielmo Della Valle, Luigi Lanzi, ecc.). Il secolo XIX vede, infine, l'affermazione di studi documentari e filologici che creano le basi fondamentali della critica moderna. La produzione storiografica della fine dell'Ottocento e del primo Novecento, che ha in Bernard Berenson il suo punto di riferimento, ha infatti codificato un'immagine della pittura senese 'primitiva' elegantemente decadente, che per alcuni aspetti è rimasta fino ad oggi.

Il volume, operando una sintesi, si propone di verificare, alla luce degli studi e delle scoperte più recenti, se possono valere ancora il metodo di lettura e l'interpretazione storica proposti agli albori del secolo, o se invece sia necessario un profondo ripensamento, fatte salve le fondamentali acquisizioni scientifiche.

Caso che testimonia la necessità di un ripensamento storiografico risulta, ad esempio, quello di Guido da Siena e della pittura della seconda metà del Duecento a Siena. Esaltato come dominatore dell'espressione pittorica locale, Guido deve in realtà la sua fortuna soprattutto al fatto di aver lasciato una grande Maestà firmata nella chiesa di San Domenico, reputata a lungo dipinta addirittura nel 1221. In realtà l'artista non si distinse particolarmente da altri suoi contemporanei come Dietisalvi di Speme o il 'Maestro del dossale di San Pietro'. Almeno fino a Duccio, la pittura senese presenta semplicemente una serie di artisti operanti nell'ambito della comune cultura 'bizantina', analoga a quella di altri centri toscani.

Persino accostandoci a pittori come Duccio, Simone Martini, Pietro e Ambrogio Lorenzetti, il concetto cristallizzato di 'scuola senese' perde senso. Il rapporto di scambio dialettico con culture come quella gotica transalpina o quella giottesca, che nel primo Trecento presenta una diffusione quasi 'nazionale', impedisce di studiare queste espressioni figurative come manifestazioni di una scuola isolata. Nella prima metà del Cinquecento, infatti, artisti come Baldassarre Peruzzi, Sodoma, Domenico Beccafumi, sono pienamente partecipi dei grandi fatti figurativi romani, scaturiti soprattutto dall'opera di Raffaello; la loro produzione pittorica risulta, perciò, nient'altro che una geniale variante locale del vasto fenomeno della 'maniera' italiana. Come a metà del Seicento le tele di Bernardino Mei attestano la sua piena adesione al nuovo stile barocco. L'apertura alle novità esterne e gli scambi intercorsi in un panorama storico-artistico molto articolato, dimostrano, perciò, una realtà culturale assai complessa e sfumata nei suoi contorni.

 
 

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