Archeologie Segni di un passato in un tempo futuro Giuliano Giuggioli
Autore/i | a cura di Filippo Lotti, Luca Nannipieri | ||
Editore | Galleria d'arte San Lorenzo | Luogo | Pisa |
Anno | 2017 | Pagine | 110 |
Dimensioni | 25x31 (cm) | Illustrazioni | ill. colori n.t. - colors ills |
Legatura | bross. ill. a colori con alette - paperback | Conservazione | Nuovo - New |
Lingua | Italiano/Inglese - Italian/English text | Peso | 900 (gr) |
ISBN | N/D - N/A | EAN-13 | N/D - N/A |
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Vetulonia – Castiglione della Pescaia, Museo Civico Archeologico “Isidoro Falchi”, 9 dicembre 2017 – 11 marzo 2018.
“Questa mostra per Giuggioli è un tassello importante nella carriera artistica – spiega Filippo Lotti –, è un ritorno alle origini, è un riportare tutto a casa, dopo il bagaglio importante di esperienza artistica che ha fatto in oltre quarant’anni di pittura”. “Per lui – continua Lotti – nascere in terra di etruschi, ha sensibilmente contribuito alla sua formazione cul-turale e poi alla sua poetica espressiva. Da piccolo, anche dopo il trasferimento sulla costa, tornava spesso in quel “parco giochi” che la città etrusca gli offriva. I ricordi di bambino si intrecciano con aneddoti e curiosità che hanno dato formazione a un ragazzo sempre attento al mondo che lo circondava e desideroso di apprendere il più possibile.”
Lo storico dell’arte Luca Nannipieri scrive nel testo del catalogo editato appositamente per la mostra: “Giuggioli abita un altro satellite: quello non dell’inconscio reso espressione, ma della messa in crisi del perfettamente conscio. Se una nave la vediamo, come in alcune sue opere, incagliata in cima ad una catena montuosa priva di vegetazione, una catena montuosa lunare, inospitale, impraticabile, e per di più la nave continua a buttare fumo dai fumaioli come se stesse tranquillamente solcando l’alto oceano, a che cosa ci spinge questa immagine onirica se non a mandare in corto circuito l’idea che vi siano certezze visive, esperienziali, nella nostra vita? L’unica certezza è l’inaudito, sembra dirci Giuggioli, ovvero accettare che l’infinito abiti il nostro finito e lo innalzi al di sopra di noi stessi. (T-CA)
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