Maestri del '900 da Boccioni a Fontana La collezione di un raffinato cultore dell’arte moderna
Autore/i | a cura di Gabriella Belli | ||
Editore | Skira | Luogo | Milano |
Anno | 2007 | Pagine | 144 |
Dimensioni | 24x29 (cm) | Illustrazioni | 56 ill. a colori n.t. - colors ills |
Legatura | bross. ill. a colori - paperback | Conservazione | Nuovo - New |
Lingua | Italiano - Italian text | Peso | 1000 (gr) |
ISBN | 8861304727 | EAN-13 | 9788861304727 |
Prezzo | 49.00 € | Sconto | 55% |
Prezzo scontato | 22.05 € |
Aggiungi al carrello
Rovereto, MART, 13 ottobre 2007 - 20 gennaio 2008.
La collezione di Luigi Ferro aggiunge, grazie ai suoi cinquanta capolavori, uno dei capitoli più interessanti al percorso museografico del Mart, che oggi può a ragione vantare una delle più belle e organiche raccolte d’arte del ’900 italiano del nostro Paese. La collezione si presenta fin dal primo sguardo assai coerente nella sua complessiva fisionomia artistica, sicuramente capace di rappresentare, con opere tutte d’altissima qualità, quanto di meglio si è venuto realizzando in campo artistico in Italia nei primi sessant’anni del secolo scorso. Luigi Ferro è stato un collezionista coraggioso, che ha intrapreso la strada dell’arte in età non giovanissima, ma con un amore da subito così esclusivo, da diventarne “magnificamente” schiavo, consapevole di ricevere in cambio un totale appagamento spirituale ed emozionale, come solo le grandi passioni sanno dare. Le scelte artistiche vanno coerentemente da un primo nucleo di opere, ancora in debito con le poetiche della fine ’800 - ma già foriere di quella modernità che la collezione saprà rappresentare al meglio nella preferenza per le opere futuriste e del Novecento italiano - all’astrazione “rossa” del Rot in Spitzform (1925) di Kandinskij e del Concetto spaziale (1960) di Lucio Fontana, ultimo autore entrato nella collezione. Non era uno, Luigi Ferro, che si avvicinava ai quadri su indicazione esterna: lo faceva da solo, da solo si innamorava di un dipinto o di un bronzo, da solo faceva chilometri per andarselo a vedere, da solo ci tornava il giorno dopo per capire se veramente gli piaceva e gli trasmetteva qualcosa, da solo stava sveglio la notte pregustando la gioia che avrebbe provato appena fosse diventato suo. Così ogni volta: così per l’acquisto del suo piccolo primo Sironi come per il grande affare dell’Autoritratto di Morandi, “comperarlo – diceva – è stata una delle cose più belle che ho fatto nella vita”. E non si trattava, ripeto, della soddisfazione sterile di chi arriva ad avere il bel pezzo senza averlo “sentito” a livello emotivo, ma dell’“intelligente passione” di un uomo acuto quanto saggio che nel tempo è riuscito a mettere insieme dal nulla, con rinunce e sacrifici (erano veri travagli interiori i baratti spesso necessari per arrivare a concludere una nuova trattativa), opere uniche del ’900 italiano. (dal saggio “Cosa trovo nell’arte? Il grande racconto della vita” (Luigi Ferro) di Camilla Ferro).
Note alle condizioni del volume
Nessuna (T-CA)
Potrebbero interessarti anche...