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Schifano 1960-1964 Dal monocromo alla strada

Schifano 1960-1964 Dal monocromo alla strada
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Skira Milano
2005 208
24x29 (cm) 175 ill. colori, 34 ill. b/n n.t. - colors and b/w ills
cart. edit. ill. colori - Hardcover Usato ottime condizioni - used very good
Italiano - Italian text   1600 (gr)
8876242465 9788876242465
 

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(Arte contemporanea Cataloghi).

Milano, Fondazione Marconi, 10 febbraio - 26 marzo 2004.

Oltre centosessanta opere di Mario Schifano dai lavori dei primi anni Sessanta agli inizi del 1964 (provenienti da importanti collezioni private e pubbliche tra cui la GAM di Torino, il Civico Museo d’Arte Contemporanea di Milano, il CSAC dell’Università di Parma, la GNAM di Roma e la collezione di Ileana Sonnabend, la famosa gallerista di New York con cui Schifano lavorò agli inizi della sua carriera) ripercorrono il viaggio dell’artista dal “monocromo”, che è espressione dell’azzeramento delle precedenti avanguardie e della pittura informale, passando per la “strada” con il nuovo paesaggio che è parte del “Pop”. Percorso così descritto dallo stesso Schifano: “All’inizio dipingevo con pochi colori perché nel mio lavoro c’era l’idea dell’emblematico, della segnaletica stradale, dei fenomeni percettivi, delle cose primarie. Poi il mio lavoro si è riempito di elementi e allora i quadri monocromi, le strisce pedonali, i pezzi di strada sono diventati particolari di propaganda, pezzi di Coca Cola e di Esso, schermi con particolari di paesaggio italiano, grigi, neri e poi a colori”.
 
Giorgio Marconi “scovò” Mario Schifano a Roma e lo portò a Milano esponendolo alla mostra inaugurale del suo Studio nel novembre 1965 insieme a Valerio Adami, Lucio Del Pezzo ed Emilio Tadini. Da quel momento nasce una collaborazione e un’amicizia che resero Schifano uno degli artisti più rappresentativi dello Studio.
 
Schifano, che in ogni suo quadro rimette in gioco tutte le sue convinzioni, è genio e sregolatezza. La sua opera si colloca all’interno delle correnti artistiche legate a “una nuova oggettività” attenta come non mai alle impronte della città e allo spazio umano e in cui il rapporto con il mondo è mediato dai “mezzi di massa” (il film, il segnale, il fumetto, la pubblicità). Il pittore capisce prima di tanti altri che è compito dell’artista accettare criticamente questi nuovi strumenti, che saranno emblema della pop art made in USA, evitando che diventino il “fine” della propria espressione artistica.
 
La monografia, che accompagna l’esposizione alla Fondazione Marconi, comprende la riproduzione a colori delle opere e un’ampia selezione di testi critici sul lavoro di quegli anni tra cui quelli di Achille Bonito Oliva, Maurizio Calvesi, Germano Celant, Maurizio Fagiolo dell’Arco, Filiberto Menna, Arturo Carlo Quintavalle, Pierre Restany, Pier Luigi Tazzi, Giorgio Verzotti. Chiudono il volume le note bio-bibliografiche a cura di Miriam Gagnor.
 
 

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