Leonardo e l'aretino negli studi di Carlo Starnazzi
Autore/i | Carlo Starnazzi | ||
Editore | CB Edizioni | Luogo | Poggio a Caiano |
Anno | 2011 | Pagine | 120 |
Dimensioni | 20x20 (cm) | Illustrazioni | ill. a colori e b/n n.t. - colors and b/w ills |
Legatura | bross. ill. - paperback | Conservazione | Nuovo - New |
Lingua | Italiano - Italian text | Peso | 800 (gr) |
ISBN | 889764404X | EAN-13 | 9788897644040 |
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Arezzo, Chiesa di San Sebastiano 15 ottobre - 30 dicembre 2011.
Evento inaugurale LA MADONNA DI CAMALDOLI
Presentazione di Carlo Pedretti.
Ricordare oggi l’impegno di Starnazzi nello studio del territorio aretino vuol dire anche ricordare filoni di ricerca che lo studioso ha perseguito con la volontà di richiamare l’attenzione non solo del grande pubblico ma anche degli specialistici. La Madonna di Camaldoli è un caso esemplare. Nota solo agli specialisti sulla base di una segnalazione di Grossman del 1968, e considerata a lungo opera di Domenico Ghirlandaio, è balzata agli onori delle cronache nel 2001, anno in cui Carlo Starnazzi proponeva di attribuirla a Leonardo, ipotesi che lo studioso confermava con un saggio pubblicato nel volume miscellaneo Leonardo e la terra di Arezzo: storia, miti e paesaggi (2005) e qui riportato nella sua integrità. Sulla base di una attenta ricostruzione storica, Starnazzi aveva giustamente ricondotto l’opera alla bottega del Verrocchio, la stessa in cui si era formato il giovane Leonardo accanto a compagni di apprendistato come Botticelli, Perugino e Lorenzo di Credi. Nomi questi che sono stati chiamati in causa nelle varie fasi di valutazione della tavola di Camaldoli, opera che al momento va considerata come frutto della “Bottega di Andrea del Verrocchio” o, comunque, come opera del “Verrocchio e bottega” nella speranza che le nuove forze della ricerca possano trarne profitto.
Il fatto che l’opera sia effettivamente uscita dalla polivalente e rinomata bottega del Verrocchio è ora confermato nel modo più eloquente dal meticoloso e prudente restauro condotto ad opera di Tiziana Conti e Tommaso Sensini, sotto la direzione di Paola Refice. È giusto perciò che anche i risultati di questa eccezionale operazione siano qui riproposti non solo per il sostanziale contributo fornito alla ricerca storico-scientifica, ma anche per richiamare l’attenzione degli studiosi su un problema attributivo ancora aperto al quale i materiali qui raccolti potrebbero offrire una nuova occasione per affrontarlo. (T-CA)
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