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Giorgione

Giorgione
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Banca Esperia Milano
2009 384
29X34 (cm) 260 ill. e tavv. a colori e b/n n.t.
t. tl. edit. sovracc. ill. e cofanetto
  4200 (gr)
8871796152 9788871796154
 

momentaneamente non disponibile

Edizione speciale fuori commercio Federico Motta Editore per Banca Esperia.

(I Grandi Libri d'Arte).

Nel 2010 ricorrono i cinquecento anni della morte di Giorgione, che avvenne nell'ottobre del 1510. Questa è una delle pochissime notizie certe del maestro: di lui non esiste una firma, una scritta autografa su una carta d'archivio. Se non vi fossero due documenti ufficiali relativi a una sua pittura del 1507 già in Palazzo Ducale a Venezia perduta e agli affreschi eseguiti nel 1508 per il Fondaco dei Tedeschi (di cui resta un lacerto con una Nuda alla Ca' d'Oro), Giorgione potrebbe anche non esser mai esistito. Alcuni suoi dipinti, tra cui la Tempesta, vengono menzionati vent'anni dopo la sua morte in un quaderno del nobile veneto Marcantonio Michiel, che li aveva visti nelle case di alcuni collezionisti veneziani. Nel 1550 Giorgio Vasari - che lo indica come uno dei responsabili dell'avvio della "maniera moderna" nella pittura italiana - cerca di tracciarne un profilo biografico e artistico, che però viene in gran parte a modificare, e talora a contraddire, nella seconda edizione delle Vite del 1568. Da lì Giorgione entra nel "mito", e tra XVII e XX secolo centinaia di studiosi cercheranno di inseguirne le tracce, ognuno con una sua idea quasi sempre diversa dalle altre.
Poche opere sicuramente di Giorgione sono giunte fino a noi e però risultano la chiave per capire la svolta epocale che si realizza nella pittura veneziana del primo Cinquecento: quella svolta che poi il suo allievo e seguace Tiziano portò a rivoluzionarie conseguenze nell'arco della sua lunghissima carriera. Giorgione, in poco più di un decennio di attività, introdusse una nuova concezione della pittura: più intima, psicologica, ambigua, spesso ermetica.
Questa monografia intende evidenziare ciò che di Giorgione si può dire e ciò che non si può dire, sullo sfondo di una Venezia straordinariamente luminosa, dove le presenze di artisti come Bellini, Lotto, Carpaccio e tanti altri meno noti si incrociano con i protagonisti di una società viva e colta, una metropoli di elaborazione culturale che proprio negli ultimi tempi della vita di Giorgione conobbe il momento di massima crisi della sua storia, prima della caduta del 1797. (T-CA)

 
 

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