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Gonzaga La Celeste Galleria L'esercizio del collezionismo

Gonzaga La Celeste Galleria L'esercizio del collezionismo
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Skira Milano
2002 382
25x29 (cm) 150 ill. a colori e b/n n.t. - colors and b/w ills
bross. ill. a colori con alette - paperback Nuovo - New
Italiano - Italian text   2200 (gr)
8884913853 9788884913852
 

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(Arte Antica Cataloghi)

Palazzo Te, Palazzo Ducale, Mantova Dal 2 settembre al 13 gennaio 2003.
Torino, Museo Pietro Accorsi, 28 marzo - 27 luglio 2003.

Mostra a cura di Andrea Emiliani, Raffaella Morselli.

Dopo oltre tre secoli, a Mantova, Palazzo Te e palazzo Ducale, nella mostra dal titolo "GONZAGA. La Celeste Galeria", dal 2 settembre all'8 dicembre 2002, torna la collezione d'arte dei Gonzaga; esposte oltre 300 opere tra capolavori di pittura, bronzi, bronzetti, armature, gioielli, sculture e codici, che per la prima volta ritornano nella città dei signori di Mantova. 
Naturalmente le opere esposte rappresentano numericamente soltanto una parte della forse più gran collezione d'opere d'arte nel Seicento di tutto l'Occidente dei Gonzaga, la quale era composta di ben 2000 dipinti e quasi 20.000 oggetti d'arte, raccolti dai Duchi di Mantova per creare una corte abbastanza preziosa da potere competere e conquistare l'ammirazione e la gelosia di tutta Europa.
A partire dalla metà del Cinquecento, infatti, già i duchi Guglielmo, Vincenzo I° e Ferdinando Gonzaga, cominciarono a dare un ordine quasi "musicale" alla preziosità della collezione delle opere raccolte, disponendole nelle sale di Palazzo Ducale di Mantova; come i capolavori assoluti del Mantegna, "Cristo morto" (solo fino ad ottobre esposto nella mostra), del Guercino, "Erminia tra i pastori", di Rubens, "L'assemblea degli dei" o del Correggio, "L'Educazione in Amore", sullo sfondo di affreschi di Giulio Romano e di Mantegna
Nel momento del maggiore splendore del ducato, si affiancarono a queste prime preziosità anche altri dipinti di Rubens, Tiziano, Domenichino, Van Dick, oltre a ventimila oggetti tra cristalli, codici, sculture e gioielli, che portarono, all'inizio del XVII secolo, come ci tramanderà nei suoi scritti Antonio Magini, il Palazzo Ducale di Mantova per il grado di nobiltà "al pari di qualsivoglia altro de Principi d'Italia".
Ma con la morte del duca Ferdinando Gonzaga, iniziò la decadenza e, a causa delle bramosie dei collezionisti inglesi, nel 1628 vi fu la vendita a Carlo I° Stuart di ben 159 quadri e 200 statue; nel 1630, durante il "Sacco di Mantova" che durò per ben tre giorni di seguito, i lanzichenecchi ultimarono lo smembramento e la perdita di quel favoloso patrimonio frutto dell'opera di ben sei generazioni di collezionisti del ducato di Mantova invidiato dai Principi d'Italia. 
Dapprima la vendita dei capolavori di Palazzo Ducale a Carlo I° assestò un duro colpo "disgregativo" alle raccolta ad esempio di Rubens, diaspora poi conclusa e portata a termine dalla calata dei Lanzi che, per la sua forza di razzia totale di ogni bene artistico, non ha eguale nella storia. 
Il curatore della mostra, però, è riuscito, in soli cinque anni di studi, a raccogliere i risultati dell'opera di ricerca dei collezionisti di circa 150 anni, riportando a Mantova i capolavori nella "Celeste Galeria"; l'esposizione allestita tra palazzo Te costruito da Giulio Romano per Ferdinando II e Palazzo Ducale. 
Gli oggetti selezionati e catalogati in oltre sei generazioni dai Gonzaga erano stati il frutto di commissioni ed acquisti effettuati da Isabella d'Este a Ferdinando Gonzaga; opere che poi erano state ordinate in un insieme perfetto nel palazzo ducale, definito "il più grande edificio principesco del mondo".
Insieme di opere oggi parzialmente ricostruito e rivissuto dagli organizzatori nel percorso espositivo della mostra a Palazzo Te, che si sviluppa nei seguenti tredici "luoghi" (più che sezioni): Logion Serato (definito "Olimpo della pittura"), in cui si trovano i quadri del Cinquevento di Andrea del sarto, Tiziano, Raffaello e Giulio Romano; Armeria ducale, con armi da guerra e da caccia non utilizzate se non per la loro funzione simbolica; Corridore di Santa Barbara, utilizzato nel 1626 come corridoio di passaggio, una sorta di museo ante litteram, in cui il Duca era solito assemblare i quadri non utilizzati per l'allestimento; Bronzi e Bronzetti, con piccole e grandi opere di fusione; Galleria della Mostra, una sorta di galleria dinastica, con opere che raffigurano ritratti di avi, eseguiti da Domenichino, Guercino, Baglione; Museo Musicale, con oggetti utilizzati a palazzo per fare musica; Galleria dei Marmi, costruita per volere del IV Duca e con diverse stanze costruite su due piani del Palazzo, in cui erano raccolte diverse opere che seguissero il concetto della bella maniera e della varietà; Appartamento di Ferdinando, spazi privati del VI Duca, in cui si trovano opere raccolte nel corso degli anni dai suoi avi; Libraria, luogo secretum ed intimo voluto da Ferdinando di Gonzaga, in cui vi erano custoditi negli armadi delle meraviglie come quadri di piccolo formato, ed oggetti preziosi per fattura e materiali impiegati; Camerino delle Muse, decorato da dieci quadri di Giovanni Baglione raffiguranti le nove Muse ed Apollo; Camere del Tesoro, dei cristalli, degli argenti e di pietre dure, con oggetti commissionati da Vincenzo e Ferdinando Gonzaga ai migliori orafi e cesellatori dell'epoca; Città, in cui figurano rappresentati dignitari, cancellieri e tesorieri che fecero a gara nell'acquisire quadri e oggetti preziosi in concorrenza con i loro rispettivi regnanti; Palazzo, con quadri di Rubens, Giulio Romano e Domenico Fetti, presentati, secondo l'uso dei committenti, dai propri artisti di corte. 
Per finire, in questo velocissimo excursus della mostra, occorre passare a palazzo Ducale, dove si potranno ammirare, in una fastosa cornice di affreschi del Mantegna, una importante selezione di disegni sull'architettura e le decorazioni della reggia dei Gonzaga tra la fine del Cinquecento e la prima metà del Seicento. 
Una mostra da visitare, alla quale dedicare del tempo prezioso per rivedere ricostruita (anche se solo in parte) la Celeste Galeria, con quella collezione di opere e cose preziose del Cinquecento e Seicento dei Duchi Gonzaga di Mantova, che destò tanta ammirazione tanto da renderla pari, se non superiore, a quella "de' Principi d'Italia". (T-CA)
 
 

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