Nicola D’Antino rivive nelle pagine di Maria Grazia Tolomeo Speranza dopo un oblio lungo e incredibile.

 

La Tolomeo Speranza, che ha ricercato e studiato le sculture del D’Antino, le quali sembravano quasi tutte sparite nel nulla; che ha dovuto costruire dalle fondamenta l’informazione indispensabile, muovendo da pochi indizi e da una biografia magra, scarsamente illuminante negli stessi primi trent’anni del secolo (che sono invece i più originali e i più nuovi per lo scultore); che ha precisato con grande acutezza tendenze estetizzanti e le loro fonti di cultura e di costume nella Roma dannunziana dove il D’Antino fu personaggio noto ed amato dalla società colta, raffinata aristocratica mi offre oggi l’opportunità di rilevare, una volta di più, quanto sia necessario ed utile continuare l’avviata ricognizione del nostro passato recente, la cui memoria è labile e partigiana, mentre rara ne è la documentazione e di incremento difficoltoso.